Crediamo nei rugbysti che parlano poco, nei rugbysti che non si agitano, nei rugbysti che si rodono dentro e soffrono, in coloro che, dopo una partita al freddo e al gelo, sotto una gelida pioggia in un campo fangoso tra pochi sparuti spettatori, alla fine salutano con un gesto stanco, come da una lontananza di secoli.
Crediamo nei rugbysti che piangono nella vittoria e nella sconfitta, in coloro che una volta “rotti” pensano subito a recuperare, in coloro che malandati ci sono in campo per se stessi, per i loro compagni, per l’onore di portare la maglia che indossano, in coloro, e sono la maggioranza, che giocano in campi impraticabili davanti a quattro gatti e con le scarpe scompagnate, in coloro che si allenano alla penombra, in un lato di campo rubato al calcio, in coloro che non hanno il tensoplast, i cerotti, le bende, in coloro che leggono i giornali sportivi partendo dall’ultima pagina e, a ritroso, cercano il trafiletto “rugby”.
Crediamo nel coraggio, nella gioia e nell’allegria di chi gioca a questo sport divertendosi a qualunque età, di chi beve birra e anche di notte sogna l’ovale ed il rugby, uno sport duro e leale per rugbysti che, a qualsiasi ambiente appartengano, si riconoscono, si stimano ed instaurano veritieri legami di amicizia che durano una vita intera, proprio per i contenuti di questo sport che è diverso da tutti gli altri non solo nelle regole ma, soprattutto, nello spirito, nei valori morali ed etico-educativi.
Crediamo in tutta questa gente che ha bisogno di essere conosciuta ed amata in ciò che tace, nelle parole che nutre nel cuore e non dice, nella dolcezza del viso dei bambini e nell’asprezza di qualche rude tratto maschile, nel volto segnato di qualche vecchio giocatore e nel rossore delle guance di una donna rugbysta, nella babele di dialetti dei tanti tornei primaverili al sole ed al calore dell’amicizia fraterna del dopo partita e del terzo tempo.
Stefano Di Salvatore
Presidente AIR